RAGIONI DI UNA INIZIATIVA

CERSTAR      BO, 11-1-2015

Fondare e gestire un centro studi sull’autoriparazione, significa ricercare, registrare e affidare messaggi alle generazioni dell’oggi e future. In queste testimonianze, in queste riflessioni c’è il racconto di vite vissute intensamente, nel farsi esempio di operosità non comuni, sempre fatte scaturire da una particolare libertà operativa: chiamata lavoro autonomo.

Le linee guida, di questa iniziativa in oggetto di interesse, offrono spunti di riflessione sia per una lettura tecnica e imprenditoriale che per una interpretazione umanistica, di questo nostro servizio all’auto. Chi lo paga, o chi lo rimborsa, non è influente in questo momento, potrebbe sviarci da riflessioni più acute.

Non è indifferente valutare ciò che emerge, dallo studio delle componenti, che consentono di svolgere un servizio indispensabile alla comunità: nel rispetto delle leggi che lo governano. Mi accingo a introdurre un argomento importante: l’evoluzione dell’attività umana tramite l’artigianato in genere.

E mi riferisco principalmente al rapporto tra scienza e tecnologia, e come questo abbia indubbiamente impresso stimoli all’inventiva, in tutti i settori nei quali la sperimentazione necessitava dell’abilità manuale umana, per il raggiungimento di realizzazioni che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

 

In questa prima carrellata generale dell’iniziativa, in parallelo ma non meno importante, c’è la visibilità di un passato: una raccolta di attrezzi dei nostri predecessori che aspira a diventare Museo del mestiere. E’ una navigazione tra memoria e progresso, atta a caratterizzare sempre meglio il progetto di un Museo vivente, nel senso di apertura alla riscoperta del percorso che ci ha traghettato al presente.

Sarebbero le fondamenta necessarie, sulle quali ricomporre l’onore del passato, nel forgiare le prospettive sull’avvenire. E’ una operazione progettuale che vorrebbe esprimere, utilizzando nuove forme di comunicazione, la distribuzione in rete delle esperienze, sempre tenendo conto di tutte quelle finora raccolte come “pietra di paragone”, con una funzione didattico-formativa.

Questo consentirà, con l’evidenziare una prospettiva, di far emergere nuovi sviluppi, di accogliere le esperienze dei colleghi. Una aspirazione all’ascolto generata in me nel tempo, (sono figlio d’arte) e conclamata tramite articoli sulle riviste di settore, partecipazione alla fondazione del C.U.N.A. alla raccolta documentale ed oggettistica Cerstar. Il tutto messo a disposizione delle riflessioni in corso nelle aziende.

Quello che si è realizzato fino ad oggi col contributo di tanti colleghi, sono contrassegni purtroppo modesti, per le memorie professionali dell’artigianato col loro essere emblematici, di un semisconosciuto passato. Un passato di operosità: veri pionieri che andarono, privi di tutto, ad esplorare l’esperienza del lavoro autonomo e trasmettendolo poi a migliaia di giovani alla ricerca di una possibilità di lavoro.

Di più, alcuni di loro, sacrificando il tempo dovuto alle famiglie, alla ricreazione, al riposo, hanno contribuito fattivamente al riconoscimento delle professioni attraverso leggi di settore, trattative sindacali ecc. ecc. Le riflessioni più esaustive sugli accadimenti del passato, che mi riservo di pubblicare in futuro, le interrompo per non annoiare; sarà una vostra scelta affrontare o meno i riferimenti estensivi propri, di momenti storici duri della categoria, che avevano caratteristiche completamente diverse da quelle odierne.

Penso sia più interessante soffermarsi maggiormente, su quello che io considero il tempo dell’assalto ai nostri diritti. Provengo da una formazione culturale, con concetti secondo i quali era d’obbligo considerare il tempo come un fluire positivo, che accumula con la conoscenza tecnica, beni, miglioramenti sociali, proprio per il “farsi di una diversità nuova” la nostra operosità: ma non avremmo potuto mai allontanarci in coscienza dalle regole, provenienti dal passato, di solidarietà e condivisione sociale.

Vien da chiedersi come sia stato possibile, che i nostri ”colleghi” abbiano negato legittimità, bigiando la partecipazione (e per tanti anni) ad un intero ambito culturale di esperienze, come quello che abbiamo espresso in tante assemblee di carrozzieri autoconvocate. Per di più, in un momento importante, cruciale, come quello della riforma delle Assicurazioni. E’ la frattura, tra l’oggi “fiduciario” e quel nostro modo di “sentire” l’identità artigiana, (che ho sempre provato), che ha dato vita e ragione d’essere al Cuna, al Cerstar e al suo Museo in embrione. Tra i nostri due mondi, cari fiduciari, si è generata una incapacità di collaborazione, ed in queste contraddizioni si trova l’origine di un doppio sistema di interessi: spesso contrapposti, fino alla pazzia di tollerare i rapporti di fiduciariato, senza proporre le dovute iniziative di contrasto- statutario---   sindacale- associativo, alle nostre associazioni.

Questo perché troppi colleghi, spesso leggono notizie sulle cose negative che si stanno organizzando sulla loro pelle, in termini vaghi e non ne sentono in modo pieno la responsabilità. D’altra parte connettere i valori ereditari, con l’imbarbarimento etico quotidiano, è una tesi audace.

Però essa insiste, sia pur come tesi, in una spiegazione della necessità di una divulgazione delle opinioni, basta poter far riflettere solo un poco. Vi sembra un ragionamento azzardato? Io penso non tanto. Ed insisto perché le mie considerazioni, si collocano oggi in un contesto nel quale, l’imprenditore, è avviato a diventare un prestatore d’opera occasionale, avulso dai suoi costi d’impresa.

La sua clientela, tramite un trucchetto che poi vi dirò, ma che sapete tutti, viene accaparrata dalle Compagnie d’Assicurazione e dirottata a piacer loro verso officine compiacenti e complici nelle trattative al ribasso: della qualità del servizio. Un debitore, la Compagnia D’Assicurazione, che si permette di contrattare l’entità del suo debito, interferendo nella qualità del servizio, e dell’etica professionale di chi lo svolge.

Il Cerstar, ha individuato nella cultura imprenditoriale, la risorsa delle risorse, in un quadro attuale dove la “proprietà” di una impresa, si vorrebbe trasformare in “merce”. A questo proposito mi sento di affermare con forza, che la ricchezza di una nazione è costituita sia da beni materiali che da consuetudini immateriali. Quelle che legano la convivenza democratica, e non ci si può distaccare impunemente dal rapporto, tra progresso e quadro etico accettato (e difeso).

Noi, siamo scuola di convivenza nel mondo. E non potremo ancora a lungo, ignorare la forma terribile che stanno assumendo i conflitti razziali e territoriali intorno a noi. Ed è proprio dalle risposte che insieme daremo alle esigenze di cambiamento (che anche a livello mondiale si imporranno), che si potrà verificare la nostra appartenenza sociale.

Quale forma daremo, alla testimonianza indispensabile all’evoluzione dei rapporti, che si stanno rivelando sempre più necessari? Sarà un credo di sottomissione dell’artigiano al potere del capitale? Ed ancora, saremo sottomessi anche a capitali “nostri”, espropriati da rinnegati che in nostro nome, fingendo di essere “dei nostri”, si sono infiltrati nella stanza dei bottoni solo per il loro sporco tornaconto?

E questi voltano la faccia, lasciandoci in trincea. Che fare di presso a chi arriva sulle nostre coste, dopo aver subito millenni di soprusi, come quelli subiti dai nostri avi nel passato? Oggi le turbolenze di mercato possono essere dolorose, ma non catastrofiche; ma come sarà il futuro quando il vecchio bastone, sarà sostituito dalla dinamite e dal Kalashnikov?

Perché la tecnologia ha alterato, ed esaltato a dismisura, spesso fuori da ogni controllo, i connotati della funzione umana della aggressività. Nel passato le dispute potevano limitarsi ad un occhio nero, oggi possono accadere tragedie spaventose. E noi? Quale sarà il ruolo dei piccoli imprenditori? Quali esempi di integrazione sociale potremo offrire: quali eredità equilibrate trasmettere? Vedete bene quale importanza assume, in questa ottica, il nostro alzarsi la mattina e aprire l’officina.

La nostra esistenza laboriosa è portatrice di un’etica, viviamo in una “potenzialità” che può dare contributi fattivi, all’evoluzione mondiale di armoniosi rapporti produttivi e sociali. Ragionamenti che mi riportano alla continuità, con la riflessione iniziale, sulle potenzialità di un Centro Ricerche- Studi e di un Museo. Ma non mi illudo che cenni problematici, sulle nostre vicende, possano dare un gran contributo alle soluzioni dei problemi che ci assillano.

Mi basta evidenziare il raggiungimento di una consapevolezza, confrontarmi con chi si pone gli stessi interrogativi, mettere in rete acute riflessioni, con le quali impostare contatti e iniziative. E’ chiaro che il mio tentativo intende dare un contorno ad un limite tematico, alle considerazioni ammissibili. La difficoltà semmai è insita nel rintracciare un linguaggio comune, la priorità consiste nell’ occuparsi di una sola fattispecie di servizio artigiano. Anche se l’utilizzo potrà essere appannaggio di altre attività.

                                                                                                                                  Cordiali saluti

                                                                                                                                Gianni Tassinari.